Il maggiore Francesco Carrano, attendente garibaldino nella seconda guerra di indipendenza, nel suo libro I Cacciatori delle Alpi comandati dal generale Garibaldi, pubblicato a Torino già nel 1860, ci racconta di come il nostro eroe nazionale, il 19 maggio 1859, fece visita alla casa natale di Pietro Micca in quel di Sagliano per onorarne la memoria, poco prima di partire per la Lombardia e di battersi contro gli austriaci. «Che cosa c’entrava Pietro Micca, morto 153 anni prima, con Garibaldi?». La domanda è ben posta. Perché il Generale, in vista dei primi combattimenti, perde tempo per risalire la valle del Cervo sino a Sagliano, a nove chilometri da Biella, per onorare un soldato “ignobile” che aveva fatto saltare in aria i francesi, ora alleati, un secolo e mezzo prima?
Evidentemente Garibaldi conosceva Pietro Micca e la storia del suo sacrificio eroico. Lo testimonia un passo delle sue memorie - la cui scrittura si può far risalire al 1848-49 - relativo alla battaglia del Salto in Uruguay: «Anzani aveva risposto alle intimazioni di resa come Pietro Micca all’assedio di Torino, e come Pietro Micca egli avrebbe mandato in aria il mondo, piuttosto che arrendersi»
Il mito di Pietro Micca era ritornato in auge a metà secolo grazie a una serie di opere storiche, poetiche, teatrali e musicali che furono funzionali ai Savoia, ma anche al movimento democratico pre-quarantottesco, per la propaganda patriottica. A partire dal 1844 il sacrificio di Micca venne interpretato in chiave risorgimentale. «L’eroismo dell’uomo che diede la vita per allontanare gli stranieri dal patrio suolo non rimane più circoscritto all’assedio di una città, ma si estende a tutta la penisola, diventando l’esempio per i patrioti che intendono rendere libera e indipendente l’Italia».
La Storia d’Italia di Carlo Botta ebbe numerose edizioni e, indipendentemente dalle critiche mosse da alcuni studiosi, godette del favore popolare. L’episodio della morte di Pietro Micca, «narrato con toni epico-fantastici e ricompensato, secondo l’autore, in modo indegno, ebbe una grande diffusione, condizionando pesantemente molte narrazioni storico letterarie delle epoche successive».
È molto probabile, però, che Garibaldi avesse ricevuto notizie della casa e dell’eroismo di Pietro Micca dal suo vecchio amico Candido Augusto Vecchi.
L’ipotesi fu già sollevata da Giovanni Masserano nel 1880, e poi ripresa da Mario Rosazza nel 1932: «Chi scrive ritiene che l’eroe non fosse giunto a Biella ignaro del nome e della gloria del minatore saglianese [...]. Garibaldi, io credo, lo conoscesse da tempo, e meglio di tutti ne comprendesse il fulgore esemplare, nell’intimo animo democratico, per averne avuta notizia nel 1849 da un suo aiutante di Stato Maggiore: il fermano Candido Augusto Vecchi, durante la mirabile epopea romana».
Vecchi compose il testo della lapide collocato il 5 ottobre 1840 nella casa di Pietro Micca
A
PIETRO MICCA
MORTO A DIFESA D’ITALIA
CONTRO L’INVASIONE STRANIERA
NEL LUOGO OVE NACQUE
ALCUNI MODENESI
CROCIATI PER L’INDIPENDENZA DELLA PATRIA
PRONTI ALLE ARMI AL CESSAR DELLA TREGUA
QUESTA MEMORIA
MDCCCXLVIII
Il marmo fu regalato da Antonio Pezzia, sindaco di Andorno, mentre all’incisione e alla posa contribuirono di tasca propria i 15 ufficiali “modenesi”, dopo aver ottenuto l’autorizzazione del Ministero.
Un’altra lapide, commemorativa del passaggio di Garibaldi, fu posta sul muro che cinge il cortile di fronte alla casa, nel 1870. La dettò il teologo epigrafista Giuseppe Picco, in occasione della visita di Amedeo Maria di Savoia del 1864:
GIUSEPPE GARIBALDI
IL DICIANNOVESIMO DI GIUGNO 1859
PRIA DI AVVIARSI ALLA GUERRA ITALICA
INSPIRANDOSI ALL’ABITURO DELL’EROE BIELLESE
IL CUI MAGNANIMO SACRIFICIO
SALVÒ IL PIEMONTE DAL FRANCO INVASORE
VI APPOSE IN OMAGGIO DEL GENEROSO
UN SERTO DI FIORI
ARRA CERTISSIMA DEL SERTO D’ALLORO
CHE AVREBBE INCORONATA LA FRONTE
ALL’EROE NICENO
LE CUI MIRABILI GESTA TANTO CONFERIRONO
A REDIMERE LA LOMBARDIA
DAL TEUTONO OPPESSORE.
Nel 1848, come abbiamo visto, Candido Augusto Vecchi fece apporre una lapide commemorativa sul muro della casa di Pietro Micca. Undici anni dopo l’eroe nizzardo volle rendere omaggio di persona alla memoria dell’eroe saglianese. La visita fu informale. Per questa ragione al seguito del Generale c’erano solo pochi soldati e ufficiali. Tra questi Francesco Carrano, che scrisse:
Il giorno seguente all’arrivo in Biella, il generale, dopo ch’ebbe desinato col vescovo, comandò i cavalli, uscì fuori della città seguito da pochi del suo stato maggiore, richiese della via ad Andorno, e senza dir altro si pose per quella. Presso a un miglio da Andorno-Cacciorna ecco una folla di popolo, con a capo un uomo vestito di nero, farsi incontro al generale, gridando tutti con entusiasmo affettuoso, “viva Garibaldi, viva l’Italia!”. Il vestito di nero, corpulento piuttosto che no, tutto grondante sudore, agitando il cappello in aria non senza che la manica della stretta marsina minacciasse a ogni tratto di stracciarsi, precedeva di buon passo il cavallo del generale, gridando forte “evviva, evviva!”. Così si entrò nella piazza del borgo, nella quale quel bravo galantuomo levò ambedue le braccia in alto perché tutti si fermassero, e fece una parlata al popolo. In sostanza disse, che quegli era il generale Garibaldi, che veniva in Andorno per visitare la culla di Pietro Micca. Il generale pregò gli additassero la casa che fu già abitata dal fortissimo artigliere, e il sindaco, ch’era appunto il parlatore dalla marsina nera, e molto popolo insieme ve l’accompagnarono. La casa che fu del Micca sta in Sagliano, poco su da Andorno-Cacciorna. Una pioggia di fiori da finestre e balconi cadeva sul generale per via, ed egli sveltamente ne andava afferrando colla mano. Così si giunse a un chiassuolo con portico, dove il generale scese di cavallo e si fermò sotto a una lapidetta di marmo, nella quale era inciso il nome di Pietro Micca, del fortissimo artigliere piemontese, dell’intrepido soldato italiano. Colà stette meditante e raccolto il generale Garibaldi, come in un santuario. Poi pregò un ciabattino che tutti additavano qual parente o affine del Micca, che gli trovasse modo di arrivare colla mano alla lapida, e quegli portò una scaletta, e il generale appese a un chiodo presso a quel poco di marmo una corona di fiori. “Ecco un eroe, che viene a visitare un altro eroe!” gridò il sindaco; e questa volta il grido fu assai commovente, e gli occhi del Garibaldi, e di altri ancora, non restarono asciutti. Quindi rimontato a cavallo il generale ritornò dietro, preceduto e seguito da molta gente ancora. Accettò bensì un rinfresco offertogli dal medico Cerruti in Andorno. Poi ripassando per le vie non corte e anguste fu coperto di fiori in più quantità di prima. A destra e a sinistra egli andava salutando e ringraziando uomini e donne e vecchi, a tutti sorridendo con affetto e a molti stringendo la mano; nè quelli sarebbero ritornati alle case loro, se fuori del paese non avesse il generale spinto il cavallo al galoppo. [tratto da Garibaldi visita la casa di Pietro Micca Carlo Linzaghi, in Achille Bizzoni, Garibaldi nella sua epopea, Sonzogno, Milano, 1907, Vol. II, p. 156.]
Un eroe che viene a visitare un altro eroe, dunque, seguito da una folla di ragazzini festanti: «Uno stuolo di fanciulli fu più di tutti pertinace a seguire gridando: “Viva l’Italia! Viva Garibaldi!”. Il Generale disse loro bonariamente: “Tornate per ora a casa; non passerà molto che darò anche a voi un moschetto per l’Italia”.